Matteo è un pubblicano, un esattore per conto dei romani: gli ebrei, all’epoca, non pagavano le tasse a un loro Stato sovrano e libero, bensì agli occupanti Romani; devono finanziare chi li opprime. E guardano all’esattore come a un detestabile collaborazionista e allo stesso modo era visto Matteo.
Matteo esercitava questo mestiere in Cafarnao di Galilea. Col suo banco lì
all’aperto. Gesù lo vede poco dopo aver guarito un paralitico. Lo
chiama. Lui si alza di colpo, lascia tutto e lo segue. Da quel
momento cessano di esistere i tributi, le finanze, i Romani. Tutto
cancellato da quella parola di Gesù: "Seguimi".
Gli evangelisti Luca e Marco lo chiamano anche Levi, che potrebbe essere il suo secondo nome. Ma gli danno il nome di Matteo nella lista dei Dodici scelti da Gesù come suoi inviati: “Apostoli”. E con questo nome egli compare anche negli Atti degli Apostoli.
Pochissimo sappiamo della sua vita. Ma abbiamo il suo Vangelo, a lungo ritenuto il primo dei quattro testi canonici, in ordine di tempo. Ora gli studi mettono a quel posto il Vangelo di Marco: diversamente dagli altri tre, il testo di Matteo non è scritto in greco, ma in lingua “ebraica” o “paterna”, secondo gli scrittori antichi. E quasi sicuramente si tratta dell’aramaico, allora parlato in Palestina.
Matteo
ha voluto innanzitutto parlare a cristiani di origine ebraica. E ad
essi è fondamentale presentare gli insegnamenti di Gesù come
conferma e compimento della Legge mosaica.
Di continuo egli lega fatti, gesti, detti relativi a Gesù con richiami all’Antico Testamento, per far ben capire da dove egli viene e che cosa è venuto a realizzare. Partendo di qui, l’evangelista Matteo delinea poi gli eventi del grandioso futuro della comunità di Gesù, della Chiesa, del Regno che compirà le profezie, quando i popoli "vedranno il Figlio dell’Uomo venire sopra le nubi del cielo in grande potenza e gloria" (24,30).
Scritto in una lingua per pochi, il testo di Matteo diventa libro di tutti dopo la traduzione in greco.
La
Chiesa ne fa strumento di predicazione in ogni luogo, lo usa nella
liturgia. Ma di lui, Matteo, sappiamo pochissimo. Viene citato per
nome con gli altri Apostoli negli Atti (1,13) subito dopo
l’Ascensione al cielo di Gesù. Ancora dagli Atti, Matteo risulta
presente con gli altri Apostoli all’elezione di Mattia, che prende
il posto di Giuda Iscariota. Ed è in piedi con gli altri undici,
quando Pietro, nel giorno della Pentecoste, parla alla folla,
annunciando che Gesù è "Signore e Cristo". Poi, ha
certamente predicato in Palestina, tra i suoi, ma ci sono ignote le
vicende successive. La Chiesa lo onora come martire.
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